Tra la visione e il fallimento: sul progettare

Intervento al Consiglio Provinciale allargato delle Acli Brescia - 16 dicembre 2013 

Premessa: Quando parliamo di progetti pensiamo subito a qualcosa di tecnico. Ai formulari. Ai soldi. Alle scadenze. Eppure a me pare che il progettare sia tutt'altro. Certo, il progettare contiene anche la tecnica. Contiene anche la dimensione economica. E quella organizzativa. Ma non si esaurisce in quello. Anzi, nemmeno parte da quello né quello è il centro.  

Quali sono allora le cose centrali del progettare? 

1. La visione: un punto di vista, una visione di realtà. Una visione di mondo. Una visione di diritti, di legami, di comunità. Ma quindi anche una visione di sé. Di sé come singole persone, ma anche di sé come Acli. Avere una visione significa saper vedere quello che c'è. Ma anche quello che non c'è, che manca. E anche quello che non c'è, ma potrebbe esserci. E' sulla visione (come se fosse un albero rovesciato, con le radici per aria) poggiano gli infiniti possibili alberi dei progetti.  I progetti sono il ponte che connette la visione con la realtà. Che connette il cielo con la terra. Sembra un paradosso ma non lo è. Senza visione (senza sguardo alto, senza cielo) i progetti fluttuano, non riescono a mettere radici nella realtà. E quindi non riescono a fiorire e poi a portare frutto.

2. I Bisogni: noi viviamo i bisogni come qualcosa di negativo. Come un peso. Come una mancanza. Un limite. Ah, potessimo vivere senza bisogni, come ci sentiremmo meglio! Senza vincoli, come saremmo liberi e potenti! In realtà i bisogni (come diceva un mio amico prete) sono un motore potentissimo. I bisogni ci fanno muovere. E il movimento è vita. Allora essere portatori di bisogni significa essere portatori di energia. Il bisogno è un capitale potenziale. Il punto è come sfruttarlo. Come incanalarlo e non farsene travolgere.  

3. Le idee: Per progettare realmente noi abbiamo bisogno di idee. I progetti sono troppo spesso le fotocopie, taglia e incolla, di qualcosa che hanno fatto altri. Invece quella che cambia è l'idea. Quell'idea che connette la visione con il bisogno. Il bisogno con la visione. Quell'idea che ti fa dire, solo per fare un esempio, io ho una visione di società che non lasci indietro i poveri, che riesca a creare lavoro. E sogno Acli che siano attori e sperimentatori nei campi del lavoro e della povertà. Che nei rapporti con la politica, nella costruzione di reti con altri soggetti, nell'aggregazione dei cittadini sappiano comunicare questa idea di società e questa idea di associazione e di diritti. Che progettino, quindi, anche in questo campo. Bene. Ottimo. Ma poi serve l'idea. L'idea è la lampadina. Come nei cartoni animati. Quella che si accende. Allora l'idea, sempre solo per fare un esempio: ok, mettiamo assieme i lavoratori disoccupati che vengono ai nostri servizi, offriamogli formazione sul come intraprendere (mettendo a frutto la competenza delle nostre cooperative), offriamogli l'assistenza in campo legale, fiscale... offriamo un piccolo contributo economico dai fondi della nostra progettazione per iniziare, e mobilitiamo i nostri iscritti come potenziali clienti per diffondere l'attività imprenditoriale che mette in piedi. E' un'idea. E nemmeno tanto originale. E poi magari non funziona. Magari non ha senso. Ma il punto ora non è valutare l'idea che ho messo lì. Il punto è che serve un'idea.  

   4. Il tempo. Progettare significa avere un rapporto con il tempo. Essere consapevoli del passato, della propria storia, ma guardare avanti. Saper scommettere, rischiare, per il futuro. Puntare su qualcosa che non sai se avverrà o no. Che non sai realmente dove porterà. Ma farlo ugualmente. E poi impegnare il tempo, costante, nel quotidiano, per arrivare, giorno dopo giorno, al futuro.  

     5. Le reti. Progettare non è un'attività individuale. Non si progetta da soli. Non si realizzano i progetti da soli. Serve mettersi assieme ad altri. Servono alleanze. E possibilmente alleanze non solo tattiche (oggi mi serve tizio, domani mi serve caio) ma anche strategiche. Alleanze con qualcuno che ci si sceglie come compagno di strada. Perché si è diversi (riconosco che tu sei portatore di qualche competenza e caratteristica che io non ho e viceversa), perché si è uguali (abbiamo una visione comune, o anche solo un pezzo di visione comune).  



Conclusione. E poi, quando abbiamo ben abbiamo pensato, organizzato, fatto tutto. Dobbiamo avere la consapevolezza che in realtà non guidiamo noi. E che probabilmente la cosa più interessante che accadrà dai progetti sono quelle cose che non abbiamo previsto. Quelle che accadono a margine del progetto. Quelle che ti obbligano a riformulare. Le decisioni giuste vengono dall'esperienza., si diceva. Ma l'esperienza viene dalle decisioni sbagliate. Gli errori, i fallimenti, non sono inutili, ci servono. 

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