Quali riforme per dare gambe alla mission


La COP è chiamata a superare lo scarto troppo stridente che oggi esiste tra l’arretratezza  del nostro modello organizzativo, i crescenti problemi di tenuta del sistema, gli scompesi dovuti ai processi di riconversione dei nostri servizi e il compito di Movimento di cittadini e Terzo Settore che ci siamo assunti di fronte alla società. Stiamo cercando di valutare i vincoli e cogliere le opportunità della nuova legislazione. Dentro questo grande cantiere è decisivo che la COP verifichi gli orientamenti e definisca le scelte che possono dare corpo, veloclità e coordinate precise al processo di innovazione che ha il compito di trasformare le differenziate presenze dei nostri servizi in un vero reticolo di imprese sociali.
I nodi da sciogliere sono:
relazioni confuse e spesso inefficaci tra associazione ed imprese
una eccessiva, anche se generosa, concentrazione di energie politiche sulla gestione delle imprese
forti spinte di crisi, causate da fattori esterni, che colpiscono imprese consolidate
nuove imprese che conoscono un rapido sviluppo che pone problemi di regolazione e governo 
una sostanziale mancanza di regole in grado di definire l’appartenenza alle Acli delle imprese e contemperare le loro logiche performative con con i caratteri relazionali e politici dell’associazione e della sua progettualità
la mancanza di un sostanziale governo di sistema in grado di presidiare la complessità delle Acli anche da un punto di vista strutturale.

Con pochissime eccezioni potrebbe essere l’analisi della situazione attuale. Invece è l’apertura del documento della COP del 1998. E se andiamo a vedere le uscite troviamo (che sorpresa): un codice etico, il ruolo del regionale, l’integrazione di sistema…

Per questo credo che su questo fronte: è tempo di molta potatura e qualche innesto

“La potatura consiste in una gamma di interventi atti a modificare il modo naturale di vegetare e di fruttificare di una pianta. Si tratta in prevalenza di interventi cesori e di modificazioni di posizione dei rami. La potatura è necessaria quando si nota nella pianta qualche problema o qualche ramificazione troppo estesa, che può ledere il benessere e la produttività (sia in termini di crescita generale sia in quanto a fiori e frutti)”. Ogni pianta ha bisogno di una potatura differente, ed è bene scegliere sia la tipologia sia il periodo migliore per effettuarla”.
“L’innesto consiste in una gamma di interventi funzionali a sostituire una coltura superata o introdurne una, vecchia o nuova, preferibile a quella presente. A  regolare lo sviluppo, la longevità, la precocità. Adattare una coltura a particolari condizioni climatiche e del terreno, aumentarne la resistenza a parassiti e malattie…”
Su questo versante vedo in particolare 3 ambiti su cui lavorare provando ad osare un po’ di forza e coraggio:


STRUTTURA ORGANIZZATIVA,  SVILUPPO ASSOCIATIVO,  SERVIZI
  • STRUTTURA ORGANIZZATIVA: la struttura organizzativa attuale non è più adeguata. Serve un ridisegno che lavori soprattutto ad alleggerire, semplificare, redistribuire. Credo il lavoro sia molto e contenga molti aspetti di cui, tra l’altro, dibattiamo da tempo. Oggi credo debba affrontarli a mio parere a partire dalla riduzione del numero dei componenti degli organi (in particolare  dimezzamento di Presidenza e Consiglio Nazionale), dall’incremento delle modalità di riunione e lavoro a distanza, dalla ridefinizione di ruoli, funzioni e responsabilità tra struttura di base, livello provinciale, regionale e nazionale con conseguente ridefinizione della distribuzione delle risorse. 
  • SERVIZI: Credo serva affinare l’analisi esterna (come sta cambiando e in che direzione va la società oggi, rispetto in particolare a LAVORO, DIRITTI e WELFARE), quali bisogni restano scoperti, quali emergeranno in futuro. E a partire da questo provare ad immaginare servizi e modelli innovativi. “per aspirare a trasformare la realtà (…) l’individuazione dei risultati desiderati deve essere effettuata prima di scegliere quali azioni finanziare e mettere in pratica” Si tratta di un requisito ovvio, eppure nella pratica comune quasi mai rispettato. E’ usuale, infatti, che vengano prima definite le azioni, in modo spesso generico, razionalizzandone semmai ex-post le finalità, con un conseguente sbilanciamento tra mezzi e fini. Non è dunque un caso che spesso alla spesa e alla realizzazione fisica, quando finalmente hanno luogo, non seguano benefici per i cittadini, il lavoro, le imprese.   (La progettualità sociale può creare lavoro?)

  • SVILUPPO ASSOCIATIVO e PROPOSTA ASSOCIATIVA: la proposta associativa va ripensata per essere più ricca ed interessante ma anche più prendibile e sostenibile. Non ci si associa (ormai da tanto tempo) per appartenenza ideologica ed identità ma è possibile dare un significato maggiore alla sola adesione per interesse contingente (sconto, benefit, servizi…).  In parte questo si riconnette alla mission associativa e alla nostra capacità di comunicarla. In gran parte questo si connette all’idea e alla pratica di struttura di base. Credo che oggi piste di intervento debbano passare da:

alleggerimento e sburocratizzazione della struttura di base. Sollevandola da responsabilità legate alla gestione dei servizi, del personale e ad altri vincoli di formalità. Perché possa tornare a concentrarsi sui suoi due aspetti essenziali: essere un gruppo di persone, svolgere un’attività nella comunità.  In questo modo anche la responsabilità di presidente si alleggerisce e può tornare ad essere esercitata da cittadini volontari con disponibilità di tempo limitato ed interesse specifico. La pista, ad esempio, potrebbe essere quella di creare come strutture di base semplici “gruppi” lasciando alla dimensione di “circolo” (formalmente costituito e con i vincoli anche legislativi dell’essere associazione) ad aggregazioni di carattere zonale.
messa a disposizione di spazi propri (o offerta di ruolo di mediazione e interlocuzione per locali di parrocchie) per altre associazioni e realtà attive sul territorio che ne avessero bisogno o interesse.  Significa rispondere a bisogni della comunità, mettere in pratica la propria utilità sociale e al tempo stesso creare occasioni di convivenza e contaminazione.

offerta di servizi vari ai bisogni di altre piccole associazioni (valutando la proposta di affiliazione o altre forme di rapporto che però non sia di carattere prevalentemente economico ma politico e associativo) per attività fiscale, di consulenza sulle normative, di gestione del personale, di supporto alla microprogettazione, di gestione comune di progetti di servizio civile o altro… Il bisogno di alleggerimento delle nostre strutture di base è condiviso da moltissime altre piccole associazioni e credo permanga anche a fronte del tentativo di snellimento della attuale proposta di legge. Anche in questo caso, rimettere in circolo per altri il valore e le potenzialità di una organizzazione di dimensione nazionale e radicamento locale, con un patrimonio di strutture e competenze ed un sistema di Servizi è anche un modo (pragmaticamente) di provare a contribuire dall’interno al ridisegno dell’associazionismo e del terzo settore.

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