Dice che la parola del 2015 è RITMO



E a me viene in mente il gioco che si faceva da piccoli.

Con penitenza finale. 

E subito dopo mi viene in mente questo...

(Non so se è bene o male... ma è così)

(se da cell non funziona il plug in per il video la musica si trova anche qui)






Attenziò 

Concentraziò 
Ritmo e 
Vitalità 

Devo dare di gas 

voglio energia 
metto carbone e follia 

se mi rilasso, collasso 


mi manca l'aria e l'allegria perciò... 


Attenziò... 


Odio il pigiama e vedo rosso 

se la terra mi chiama non posso 
restare chiuso fra quattro mura 
ho premura di vivere perciò... 

Attenziò... 


Sto fermo un giro 

non passo dal via 
piuttosto non gioco e vado via 

fuori dal vaso 

fuori di testa 
ho sempre un piede sul motore 


                             Quindi.... 



"Attenzio' e Buon anno!"

La crisi della politica si è delineata come crisi della leadership


Il libro Politica ed Economia di Benedetta Zorzi e Natale Brescianini l'ho scoperto perché era tra le segnalazioni di Marco Bonarini su BeneComune.net e mi ha incuriosito per cui l'ho comprato (online) e letto (da cellulare). Cioè... non posso dire sia stata una meditazione profonda ma...si fa con ciò che c'è, come si può... 

Non è compresa nel libro, ma parto da una frase di Etty Hillesum "Occorre esercitarsi una vita intera per capire che, se si accetta una visione della vita, bisogna anche viverla; questa è probabilmente l'unica possibilità di ottenere un senso di armonia". 


E' una frase che mi aiuta a coltivare la speranza. Perché in fondo dice che il senso di disarmonia che proviamo segnala che non ci siamo ancora persi del tutto. Perché continuiamo ad avere in mente una visione di vita, e non abbiamo ancora mutato visione solo per assecondare ciò che viviamo e tacitare la disarmonia. 



Ma c'è da capire se quello che proviamo è un disagio che ci muove alla ricerca dell'armonia e dell'unità (monaco viene dal greco "uno" si interpreta come qualcuno che vive da solo, mentre è qualcuno che cerca di ricomporsi in un'unitarietà) o se è qualcosa in cui in fondo ci crogioliamo. Cioè (secondo il libro) se è  accidia. Parola assolutamente fuori moda. Ma che il libro riprende come il male che affligge in particolare la nostra epoca. Ritroviamo in questo l'eredità di questo antico male del deserto di annuì di Pascal, di angoscia di Kierkegaard e di nausee di Sartre. E' il disagio proprio dell'essere umano in quanto tale, togliendo Dio dal suo orizzonte viene risucchiato nell'abisso del nonsenso e del nulla. Quell'accidia che Dante sembra ritenere che sia persino un "vizio per difetto di ira". 

E' interessante,  perché anche al disagio e alla disarmonia (problema interiore) e all'ingiustizia (problema sociale) si finisce per assuefarsi. Oppure si può  reagire.


Il libro sottolinea che:  Lo sdegno etico è importante. Significa non essere indifferenti e provare a reagire con estremo interesse al fatto che il bene e la giustizia non siano realizzati. Lo sdegno etico fa parte della sana funzione dell'irascibile. 


Ma subito dopo specifica. Bisogna distinguere tra forza e violenza. La forza è il valore dell'essere (è infatti una virtù, anche etimologicamente) mentre la violenza è abuso della forza. L'unica forza che può opporsi alla violenza è la forza della giustizia. Alla violenza non può opporsi un eccesso di natura identica anche se contraria. Nè può opporsi la codardia. 


E quindi si torna alla nonviolenza. Non come qualcosa relegato solo al mondo dei conflitti violenti lontani da noi. Ma come qualcosa (in questo caso nell'elaborazione di Lanza del Vasto) di estremamente connesso con la politica e con la carità cristiana. 


Poiché nessuno possiede la verità, la rabbia di avere ragione rischia di diventare una passione forsennata e ci convince che il nemico è solo cattivo invece bisogna ammettere il bene che è in lui e il male che è in me, ma anche distinguere tra pretendere che una causa sia assolutamente buona perché mia e farla mia perché buona. Quindi nei conflitti bisogna sapersi chiedere quale sia la nostra parte di torto. 


Credo che tutto questo sia già di per sé interessante. Come cammino da percorrere per ogni persona che aspira ad essere in equilibrio e in armonia.  Ma il libro fa una passaggio ulteriore. Declina tutto questo come essenziale per esercitare la leadership. Specie la leadership politica. 


Ora et labora. La parola più importante è la congiunzione "et". Dice il libro. Perché il punto è quella capacità di riunificare e tenere assieme. Anche nella società. La crisi (dicono gli autori) sta anche nel fatto che viviamo una sorta di frattura fra tre dimensioni: abbiamo relegato la spiritualità alla sfera privata, il sociale al terzo settore e a coloro che non rientrano nel mercato e abbiamo lasciato il mercato abbandonato alle leggi della finanza che si allontana sempre di più da un'economia reale. 


La crisi della politica si è delineata come crisi della leadership, intesa come capacità di mettere in atto azioni e comportamenti in vista del raggiungimento di un obiettivo comune. Crisi generata solo in seconda istanza dall'assenza di personalità carismatiche, in primo luogo è una crisi di spiritualità. Il carisma, infatti, è l'effetto non la causa di una leadership efficace. Il capitale spirituale di cui si ha bisogno deve essere tesaurizzato tramite un lavoro interiore che formi la personalità politica.  



Quasi paradossale quando (ed è il tema di tutto l'ultimo numero di BeneComune.net) si tende ad interpretare la crisi come legata ai partiti e la leadership come il tentativo di soluzione. La storia del 900 si specchia nella storia dei partiti. Grandi obiettivi, grandi masse, grandi partiti. Ma ora progettare grandi mete non si addice ad un pensiero debole. Debole. Ecco, appunto: obiettivi deboli, masse indebolite, partiti debolmente organizzati. La scorciatoia diventa la figura del leader che in sé sussume le idee del partito e l'atteggiamento verso la politica nazionale. Il leader sa anche mobilitare la base, serviranno ancora le sezioni di partito? Scrive Roberto Rossini nell'introduzione. 

E qui mi pare si aprano due questioni: cosa è spiritualità. Cosa è politica. 

Definire la spiritualità è complesso. Nel libro ci sono molte piste di riflessione rispetto a questo. Ma in qualche modo mi pare utile scegliere quella in cui si dice che Non si intende far divenire tutti i dirigenti persone devote. E una persona si può definire spirituale quando diventa capace di carità, ovvero di una giusta relazione con sé e con il prossimo. E una città sarà giusta quando ciascuna delle componenti da cui è composta svolge il compito che le spetta e Ognuno di noi sarà giusto e compirà il proprio dovere quando ciascuna delle facoltà insite in lui svolgerà la propria funzione. (Platone). 

Fino a due secoli fa la facoltà di Economia e Commercio non esisteva, l'economia era studiata all'interno della Filosofia Morale e l'Economia era Economia Politica e fino ad un certo punto i grandi economisti erano filosofi. Abbiamo perso il quadro di riferimento. la cornice entro cui porre tutte le nostre attività. 

La politica è chiamata ad incarnare la spiritualità in cose concrete: strutture comunitarie e relazioni sociali. Politici che non coltivino in sé stessi atteggiamento di rispetto, fraternità, collaborazione per la ricerca del bene comune destineranno la società alla sterilità. 

C'è bisogno di persone in grado di intravedere e di realizzare nuove qualità umane e comunitarie, nuove dimensioni relazionali, affinché nella storia di oggi e di domani si possa incarnare un nuovo sviluppo, forse ancora inedito ma possibile, del regno di Dio. 




La memoria dei padri è un atto di giustizia



Che senso ha far memoria dei nostri morti? La memoria non esiste in sé. Dipende dalle domande che noi rivolgiamo. Dipende dal luogo (le Acli) dalla fase (la crisi). 
La storia non esiste in sé. Dipende dagli eventi. Lo ripeteva Pietro Scoppola. L'importante sono le domande che poniamo alla memoria e alla storia. (Giovanni Bianchi) 

Ecco, parto da qui. Perché fare memoria? 

"I nostri morti" Fare memoria, oggi, in Acli, di Arturo significa porsi all'interno di un noi. 
"Per Arturo le Acli non sono state un luogo di lavoro. Sono state una famiglia" ha detto oggi Cesarina. 
Papa Francesco ricordando Martini ha detto "La memoria dei padri è un atto di giustizia". 

Una famiglia. I padri.... 

Su quali gambe si è mossa, nella quotidianità, la democrazia nel dopo guerra? Sulla figura del militante. 
Il militante aveva ideologie diversa. Ma sotto sotto aveva una stessa ideologia: lavorava per una società migliore. Per sé o per i nipoti. Non cercava il risultato oggi. Non cercava visibilità. (Giovanni Bianchi)

Il militante

Bello. E appassionante. Non cercare visibilità. Lavorare per una società migliore. Lo capisco. Mi piace. C'è sicuramente una chiave in questo ma... 

Nessuno di noi allora era senza rete. Nessuno era veramente solo. Nessuno era privo di una prospettiva. Magari fallace. Come quella che seguimmo con Labor che fu sconfitta. Ma, al contrario di oggi, anche dopo la sconfitta, nessuno era veramente solo. Le reti non servivano tanto a proteggere. Servivano a dare prospettive. (Luigi Covatta) 

La domanda che pongo alla storia e alla memoria oggi è questa. Come essere  (e proporre di essere) militanti? Come lavorare (e cercare gente che lavora) a lungo termine, oggi, senza reti? Senza prospettive?  

L'appartenenza ideologica è stata per molto tempo la chiave della partecipazione. Oggi non è più così.  
E' un male, perchè siamo più soli. Ma forse è anche un bene, perché le appartenenze ideologiche potevano essere a volte anche solo illusioni di prospettive. Effetti di luce. Riflessi senza profondità. E le militanze ideologiche vivevano di omogeneità. Cioè tendevano ad escludere "gli altri". E contrapponevano. 

Allora,  forse la chiave può essere il cercare di costruire (vivere, mobilitare) una partecipazione basata su una appartenenza trasversale, l'appartenenza ad una comunità. Comunità come luogo delle differenze. Che non parte da prospettive condivise date. Ma che cerca insieme di costruire prospettive comuni. Magari parziali, frammentate, meno assolute di quelle di un tempo. Ma in grado di offrire l'alternativa alla solitudine. Magari meno a lungo termine di quelle di un tempo. Ma comunque con uno sguardo in avanti. 

Il nostro è tempo precario, si sa. Non abbiamo contratti a tempo indeterminato nemmeno con le prospettive e le idee. 

Ma un buon rapporto di collaborazione a progetto con un impegno ed un sogno forse non è poi così male. Non è una idea Eurostar. Che con un colpo solo in 3 ore ci porta da Roma a Milano. E' una idea treno locale. Che è un po' sporca, si ferma, per arrivare da qui a lì hai 3 cambi e un po' di attesa. Ma può funzionare... ed il viaggio può essere avvincente. 

(il groppo alla gola resta. Così come la sensazione di scarto. Come quella che dicevo nelle prime righe di questo post http://rendicontare.blogspot.it/2014/01/attendendo-laurora.html )




    Al servizio del protagonismo dei poveri


    I  poveri non possono diventare un’occasione di guadagno! 

    è la frase più ripresa del discorso di Papa Francesco ai volontari della Focsiv oggi. Ovviamente. E' di attualità... 

    Ma se devo dire cosa mi ha colpito di più è: 

    Le povertà oggi cambiano volto ed anche alcuni tra i poveri maturano aspettative diverse: aspirano ad essere protagonisti, si organizzano, e soprattutto praticano quella solidarietà che esiste tra quanti soffrono, tra gli ultimi. Voi siete chiamati a cogliere questi segni dei tempi e a diventare uno strumento al servizio del protagonismo dei poveri. 

    e poi: 

    Solidarietà con i poveri è pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. 


    Solidarietà è anche lottare contro le cause strutturali della povertà: la disuguaglianza, la mancanza di un lavoro e di una casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. 

    ed il bellissimo: 

    La solidarietà è un modo di fare la storia con i poveri. 

    "Con i poveri" non "per i poveri".  Ce n'è da fare! 

    P.S: a cura di Lorenzo Bellini, c'è anche uno storify della giornata https://storify.com/lolitoapketa/ipsia

    I circoli di lavoratori: cellula base del movimento aclista dalle origini

    I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nucle...