#Lavoltabuona? Dipende da noi...



Ma oltre a tutte le singole specificità, perché il percorso continui bene, secondo me servono due cose. Entrambe tutt'altro che scontate.

1. Dal punto di vista del governo secondo me serve qualche gesto concreto e veloce. Che dia sostanza non alla buona volontà (cosa di cui non c'è motivo di dubitare) ma alla possibilità reale. Possiamo essere d'accordo sui principi e sulle visioni. Ma se non riusciamo a dare concretezza a ciò che vogliamo anche i principi e le visioni perdono valore. Partiamo dalla stabilizzazione del 5 per mille e dalla eliminazione del tetto? Partiamo dai fondi per il servizio civile? Prendiamo una parte  "semplice" ma diamogli gambe. Serve, per nutrire la fiducia e portare avanti davvero e con coraggio il cammino.

2. Dal punto di vista del terzo settore secondo me serve non perdere l'occasione. Perché una riforma non è qualcosa che dipenda solo dall'assetto legislativo, dal riconoscimento economico, dal modello... Una riforma vera nasce anche dal riconoscere che la gente si associa in modo diverso e per cose diverse, che le forme di partecipazione sono diverse, che le forme di democrazia e di protesta sono diverse, che è cambiato il rapporto tra tempo del lavoro  e del non lavoro e i rapporti familiari, che  sono cambiate le forme di leadership... E' cambiato tutto, non può non cambiare anche il terzo settore, le sue forme di organizzazione e il suo mestiere. 

Se il nostro valore è dato da ciò che produciamo. Anche in termini valoriali. La nostra responsabilità è legata a ciò che non produciamo. Anche in termini valoriali. Perché, come ci ha detto Diamanti a Cortona (ultimi due minuti del video) "Anche le Acli hanno colpa (della crisi della democrazia). Perché le Acli nel 70 erano piene di giovani. Perché nelle Acli la questione dell'uguaglianza non era solo un tema ma veniva portato nelle piazze di continuo... perché le Acli erano intolleranti nei confronti di una democrazia che non fosse davvero democratica ed egualitaria...".

Ecco... le Acli, come il terzo settore tutto, non possono perdere l'ennesima occasione per avviare un processo di profondo cambiamento. Senza però, come un po' fa anche Diamanti e come facciamo spesso tra noi, partire dalla nostalgia di un nostro ruolo che non c'è più in un mondo che non c'è più. Partendo da cercare il modo di dare un contributo che non c'è ancora ad un mondo che non c'è ancora. Un mondo che la nostra esistenza e il nostro operare quotidiano può contribuire a creare.  E anche per noi, come per il governo, c'è bisogno di processi reali e fatti. Perché se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione...

P.s. poi mi verrebbero una serie di riflessioni sul rapporto tra società civile e classe politica (si diceva prima) o tra terzo settore e partiti (si dice ora) ma me li conservo per la prossima volta... 


  





#Lavoltabuona? I principi in comune...

"Quello di oggi lo possiamo considerare già un po' un primo momento di sintesi e restituzione rispetto ai più di 800 contributi arrivati e dei tanti incontri fatti" ha detto Bobba all'incontro nazionale organizzato dal Forum del Terzo Settore. E molti degli incontri fatti sul territorio di cui parla sono stati promossi proprio dai Forum locali. E in questo ci sta, secondo me, la prima scommessa vinta di questo percorso. Una consultazione diretta, aperta a tutti, che non è boicottaggio e disconoscimento delle reti autorganizzate ma valorizzazione. 

Quella che si chiude il 27 giugno con il testo della legge delega non è la fine di tutto. E' solo la chiusura di una fase e l'apertura di una fase successiva. "E' il momento di fermarci sui principi" ha detto sempre Bobba. Poi ci sarà tempo per il dibattito parlamentare (riconoscimento del ruolo del parlamento e delle dinamiche democratiche, senza forzatura del governo, secondo punto a favore) e per definire tutte le questioni di dettaglio.

E su una serie di principi a me è parso proprio che ci fosse grande sintonia tra sintesi del governo (oggi rappresentato dagli interventi complementari del Ministro Poletti e del sottosegretario Bobba, purtroppo senza il ministro Delrio) e il Contributo del Forum del Terzo Settore. Terzo punto a favore.

Quali principi? Solo per dirne alcuni...

Si parte dalla Costituzione. Art 2 (diritti inviolabili dei singoli e delle formazioni sociali) art 18 (libertà di associarsi), art 118 (Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà). Difficile dire meglio è di più, si è detto. 

A cosa serve la riforma. Partiamo da un presupposto: il terzo settore produce cittadinanza, impegno civico, partecipazione sociale, economia sociale, welfare generativo, partecipativo, comunitario... E tutto questo produce (anche) minor costo per la comunità. Obiettivo della riforma è creare le condizioni perché il terzo settore produca di più e meglio. A vantaggio di tutti. Da questo derivano le parole chiave di metodo: semplificare, riordinare, innovare. E poi trasparenza, (che significa di fatto utilizzo del potere sanzionatorio reputazionale dei cittadini) e controllo interno (che è nei fatti, anche in questo, una forma di responsabilizzazione, riconoscimento del ruolo delle reti e sussidiarietà).

Tutto questo può sembrare scontato ma in realtà porta con sé anche delle conseguenze. Perché significa partire da un pregiudizio positivo e non negativo di questo mondo. Significa inserire il concetto di utilità sociale in un più ampio ambito di interessi generali. Significa scegliere di non valutare la meccanica produzione di "utilità sociale" della singola attività ma scegliere di guardare al terzo settore come soggetto di per sé stesso promozionale e capacitante.

Poi se ci si addentra sul "la forma della riforma" mi pare che i punti aperti siano ancora tanti. Si  tocca o no il codice civile?  Testo unico o tanti piccoli interventi per riordinare la legislazione esistente? Come i principi troveranno forma? E i soldi del servizio civile chi ce li mette? Su questo il Ministro Poletti è stato, al solito, molto schietto e a tratti poco rassicurante.

A mio modestissimo parere però il punto di partenza è buono. Il nodo è che siamo solo all'inizio. Tutto il resto della strada è da trovare, aprire, percorrere. Nel documento del Forum e in quello Acli ci sono tante indicazioni e suggerimenti in merito.

E poi... se sarà #lavoltabuona dipende da noi

Buon congresso....


So cosa è stata per me GA...
Luogo di relazioni forti. Di quelle che ti segnano durante e dopo. E mi stupisce e affascina la complicità, la familiarità e la libertà di rapporto che c'è oggi tra chi da allora è rimasto compagno di viaggio. E pure se mi affatica, mi affascina la libertà di litigare, pure ferocemente. La capacità di passare ore a discutere per scritto e a voce. Su cosa deve essere oggi una associazione di promozione sociale, su come si sostengono davvero le esperienze dei circoli, sulla riforma del terzo settore, sul concetto di utilità sociale, sul bisogno di dare priorità al fare o all'aggregare, su come innovare senza tradire la storia…
Luogo concreto di sperimentazione. Dai referendum per le leggi elettorali al Sorriso per la Bosnia. Dalla campagna di Educare e non punire ai gruppi di azione politica e a quelli di azione sociale. E’ stata, classicamente, una palestra dove imparare democrazia e azione sociale. Ma è stata anche di più. Perché non siamo rimasti in palestra. Non abbiamo fatto finta. Abbiamo fatto cose più o meno buone ma reali. Abbiamo fatto partire processi e e corso rischi. E sono sicura che ciò che abbiamo fatto ha influito nei percorsi individuali e sociali di tanti. Anche di quelli che poi le Acli hanno scelto di non farle più (e anche di quelli - e quelle - che le Acli  non le hanno fatte più per scelta delle Acli e non loro).
Luogo di appartenenza ad una associazione adulta. Di cui sentirsi parte critica, ma parte. Da riconoscere come casa, ma anche da voler cambiare. Per definizione, mi verrebbe da dire. Con l'ammirazione (nemmeno troppo esplicitata al tempo) per alcuni adulti. Non necessariamente quelli “uguali” o “d'accordo”. Ma quelli che apparivano credibili e che accettavano una relazione vera. La Ga che io ho vissuto aveva addosso un certo senso di superiorità supponente verso l’associazione adulta. Come ho sempre pensato che i giovani, se sono tali, in fondo debbano avere. E aveva attitudine all’ironia (la capacità di essere chiari senza essere evidenti) e alla satira (che in fondo è una forma di azione politica e una modalità precisa di rapporto con il potere).
Poi ho visto crescere altre generazioni di Ga. Con alcuni, nei primi tempi, ho condiviso case e tempi di una dimensione nazionale che era nuova per loro come per me. Li ho sempre sentiti diversi. Ma l'ho sempre trovato normale. Ogni generazione è giovane a modo suo. Ma sono sempre stata convinta, nella diversità, che anche la loro esperienza di Ga sia stata luogo di relazioni forti, di sperimentazione e di appartenenza all'associazione adulta.  

E poi il rapporto tra associazione giovanile e associazione adulta è una relazione. E come ogni relazione è frutto di ciò che ci mettono entrambe le parti. E la Ga che ho visto crescere aveva di fronte una associazione adulta diversa che ha riversato sui giovani attese, domande e modalità di relazione diverse.

Poi ho visto congelare l’associazione giovanile. Per preservarla da dinamiche congressuali complesse dell’associazione adulta. Si è detto. Ma non si può chiedere alla vita di fermarsi. Si può solo smettere di prendersi cura, lasciare in disparte, chiedere di non dare fastidio. Penso che educativamente e politicamente sia stato un errore. 

Poi siamo arrivati noi. E c’è stata l’assemblea di giugno dello scorso anno. Qui lo storify di quel giorno. Un’assemblea con ampia partecipazione. Molte paure, molte attese, molte diversità, mota vita. Implicitamente in quell’assemblea c’erano idee molto differenti su cosa Ga doveva essere. Ma, implicitamente, non esplicitamente.

Perché io da quella assemblea ho portato a casa che forse ragionare del modello non era la cosa che interessava maggiormente a quel gruppo di giovani. Forse il tema del modello era più un problema “nostro” (e di alcuni "più grandi" che avevano bisogno di passare il testimone). A me è parso che il centro dell’interesse di quei giovani (tutti) fosse il lavoro. Il lavoro come problema che ognuno sente sulla propria pelle, vive in prima persona. E il lavoro come tema da porre al centro della loro idea di fare associazione. Il lavoro come rivendicazione e proposta politica. Il lavoro come rivendicazione organizzativa Perché le Acli, che hanno i servizi, che hanno il radicamento, che hanno…. Non sperimentano sul tema lavoro? Perché non provano a dare spazio per l’imprenditoria giovanile,? Perché non investono sulle cooperative di giovani? Perché non fanno ….”.

Non era quello che ci aspettavamo. Ma non è mica detto che fossero loro in errore.

Ma dopo l’assemblea non siamo stati capaci di tenere vivo quel dialogo. Non abbiamo saputo dare spazi per proseguire la riflessione. In una fase di transizione degli organi interni dell’associazione giovanile nessuno si è sentito legittimato a guidare il processo. Gruppo di lavoro "di supporto" adulto compreso (ne ho fatto parte e quindi mi assumo il mio pezzo di responsabilità).

Ma adesso siamo a congresso. Che in ogni associazione democratica non è mai un momento facile. E’ sempre un accelleratore di processi. O un frullatore in cui altre dinamiche giocano forza maggiore dei processi reali. 

Spero da Napoli escano idee, pensieri e voglia di far esistere un’associazione giovanile o anche solo un modo giovanile di vivere un’appartenenza associativa..  Spero che chi partecipa non torni a casa troppo annoiato, confuso o scandalizzato. Spero esca qualcuno (non uno solo, un gruppetto) che si impegni con libertà, onestà e generosità, a prendersi cura di questo processo. Che sappia mettere in primo piano il percorso di Ga come associazione rispetto al proprio percorso personale. Che sappia seminare, annaffiare, curare e poi consegnare.

Spero l'associazione adulta tutta (me compresa) sappia trovare i modi per accompagnare senza invadere. 

Da parte mia (ma sono certa di non essere la sola), l'obiettivo resta quello di essere, nella libertà della diversità, un interlocutore (imperfettamente) adulto e credibile. 

Buon congresso!


Cosa vuol dire pensare?- Marianella Sclavi

Uno degli strumenti che ci viene rifilato più di frequente oggi è il sondaggio di opinione. La sanità, la riforma… chiamo individualmente un...