So cosa è stata per me GA...
Luogo di relazioni forti. Di quelle che ti
segnano durante e dopo. E mi stupisce e affascina la complicità, la familiarità
e la libertà di rapporto che c'è oggi tra chi da allora è rimasto compagno di
viaggio. E pure se mi affatica, mi affascina la libertà di litigare, pure
ferocemente. La capacità di passare ore a discutere per scritto e a voce. Su
cosa deve essere oggi una associazione di promozione sociale, su come si
sostengono davvero le esperienze dei circoli, sulla riforma del terzo settore,
sul concetto di utilità sociale, sul bisogno di dare priorità al fare o
all'aggregare, su come innovare senza tradire la storia…
Luogo concreto di sperimentazione. Dai referendum per
le leggi elettorali al Sorriso per la Bosnia. Dalla campagna di Educare e non
punire ai gruppi di azione politica e a quelli di azione sociale. E’ stata,
classicamente, una palestra dove imparare democrazia e azione sociale. Ma è
stata anche di più. Perché non siamo rimasti in palestra. Non abbiamo fatto
finta. Abbiamo fatto cose più o meno buone ma reali. Abbiamo fatto partire
processi e e corso rischi. E sono sicura che ciò che abbiamo fatto ha influito nei percorsi
individuali e sociali di tanti. Anche di quelli che poi le Acli hanno scelto di
non farle più (e anche di quelli - e quelle - che le Acli non le hanno fatte più per scelta delle Acli
e non loro).
Luogo di appartenenza ad una associazione
adulta.
Di cui sentirsi parte critica, ma parte. Da riconoscere come casa, ma anche da
voler cambiare. Per definizione, mi verrebbe da dire. Con l'ammirazione
(nemmeno troppo esplicitata al tempo) per alcuni adulti. Non necessariamente
quelli “uguali” o “d'accordo”. Ma quelli che apparivano credibili e che
accettavano una relazione vera. La Ga che io ho vissuto aveva addosso un certo senso
di superiorità supponente verso l’associazione adulta. Come ho sempre pensato
che i giovani, se sono tali, in fondo debbano avere. E aveva attitudine all’ironia (la
capacità di essere chiari senza essere evidenti) e alla satira (che in fondo è
una forma di azione politica e una modalità precisa di rapporto con il potere).
Poi ho visto crescere altre generazioni di Ga. Con alcuni, nei primi
tempi, ho condiviso case e tempi di una dimensione nazionale che era nuova per
loro come per me. Li ho sempre sentiti diversi. Ma l'ho sempre trovato normale.
Ogni generazione è giovane a modo suo. Ma sono sempre stata convinta, nella diversità, che anche la loro esperienza di Ga sia stata luogo di relazioni forti, di sperimentazione e di
appartenenza all'associazione adulta.
E poi il rapporto tra associazione giovanile e associazione
adulta è una relazione. E come ogni relazione è frutto di ciò che ci mettono
entrambe le parti. E la Ga che ho visto crescere aveva di fronte una associazione
adulta diversa che ha riversato sui giovani attese, domande e modalità di relazione diverse.
Poi ho visto congelare l’associazione giovanile. Per preservarla da
dinamiche congressuali complesse dell’associazione adulta. Si è detto. Ma non
si può chiedere alla vita di fermarsi. Si può solo smettere di prendersi cura,
lasciare in disparte, chiedere di non dare fastidio. Penso che educativamente e politicamente sia stato un
errore.
Poi siamo arrivati noi. E c’è stata l’assemblea di giugno dello scorso anno. Qui lo storify di quel giorno. Un’assemblea con
ampia partecipazione. Molte paure, molte attese, molte diversità, mota vita.
Implicitamente in quell’assemblea c’erano idee molto differenti su cosa Ga
doveva essere. Ma, implicitamente, non esplicitamente.
Perché io da quella assemblea ho portato a casa che forse ragionare
del modello non era la cosa che interessava maggiormente a quel gruppo di
giovani. Forse il tema del modello era più un problema “nostro” (e di alcuni "più grandi" che avevano bisogno di passare il testimone). A me è parso che il centro dell’interesse
di quei giovani (tutti) fosse il lavoro. Il
lavoro come problema che ognuno sente sulla propria pelle, vive in prima
persona. E il lavoro come tema da porre al centro della loro idea di fare
associazione. Il lavoro come rivendicazione e proposta politica. Il lavoro come
rivendicazione organizzativa “Perché le Acli, che hanno i servizi, che
hanno il radicamento, che hanno…. Non sperimentano sul tema lavoro? Perché non
provano a dare spazio per l’imprenditoria giovanile,? Perché non investono
sulle cooperative di giovani? Perché non fanno ….”.
Non era quello che ci
aspettavamo. Ma non è mica detto che fossero loro in errore.
Ma dopo l’assemblea non siamo stati capaci di tenere vivo
quel dialogo. Non abbiamo saputo dare spazi per proseguire la riflessione. In
una fase di transizione degli organi interni dell’associazione giovanile
nessuno si è sentito legittimato a guidare il processo. Gruppo di lavoro "di supporto" adulto
compreso (ne ho fatto parte e quindi mi assumo il mio pezzo di responsabilità).
Ma adesso siamo a congresso. Che in ogni associazione democratica
non è mai un momento facile. E’ sempre un accelleratore di processi. O un
frullatore in cui altre dinamiche giocano forza maggiore dei processi reali.
Spero da Napoli escano idee, pensieri e voglia di far esistere
un’associazione giovanile o anche solo un modo giovanile di vivere
un’appartenenza associativa.. Spero che
chi partecipa non torni a casa troppo annoiato, confuso o scandalizzato. Spero esca qualcuno (non uno solo, un
gruppetto) che si impegni con libertà, onestà e generosità, a prendersi cura di
questo processo. Che sappia mettere in primo piano il percorso di Ga come
associazione rispetto al proprio percorso personale. Che sappia seminare,
annaffiare, curare e poi consegnare.
Spero l'associazione adulta tutta (me compresa) sappia trovare i modi per accompagnare senza invadere.
Da parte mia (ma sono certa di non essere la sola), l'obiettivo resta quello di essere, nella libertà della diversità, un interlocutore (imperfettamente) adulto e credibile.
Buon congresso!