Quali
funzioni mettiamo in gioco in una (buona) relazione con l'altro?
- riuscire (noi stessi) a pensare
- aiutare (l'altro) a pensare, invece di agire
- tollerare di non sapere o di non capire
(cioè, saper sostenere l'incertezza e la frustrazione, non per un attimo, ma per un certo tempo)
- saper tenere viva la propria curiosità verso la persona con cui stiamo entrando in contatto
- saper dar spazio all'emergere dei sentimenti e delle emozioni dell'altro
- saper dar spazio all'emergere dei sentimenti e delle emozioni proprie verso l'altro
(in entrambe le direzioni, non solo quelle positive, anche quelle negative, non negarle, ascoltarle, smontarle, capirle)
- tollerare le difficoltà dell'altro (non pretendere che sia come io vorrei che fosse)
- tollerare le proprie difficoltà (non pretendere di essere perfetto).
In parte possono essere propensioni e attitudini personali.
Ma in grandissima parte sono aspetti che si allenano e si affinano, se si vuole.
Così, mi pare la base minima anche per costruire la buona politica (che poi è la capacità di relazionarsi ad altri, per uscire assieme dai problemi comuni, no?)
Oggi al corso "Lavorare con minori stranieri non accompagnati" con LUMSA e Programma Integra, interessantissima lezione con Valeria Lucatello, Psicologa e Psicoterapeuta famigliare, Giudice onorario del Tribunale per i Minorenni di Roma, Responsabile della Scuola della seconda opportunità.
Tra le tante cose, porto a casa questa riflessione.
E il finale di lezione: "Grazie di questo scambio interprofessionale. Vi auguro di fare, almeno un po', almeno per un periodo, un lavoro che vi piaccia e abbia senso per voi").